«Così aprì un cassetto, per provare a vedere se riuscisse a contenere le sue lacrime… ma quel cassetto non era un cassetto qualunque!»
Questa è una delle frasi che più mi ha colpito del fantastico libro che ho avuto modo di leggere qualche giorno fa: “Gli arcobaleni di Frangettina” di Elisabetta D’Agostino, edito da Erickson solo qualche mese fa.
Il motivo che mi ha spinto a scrivere questo articolo è piuttosto semplice: solo altri due libri per ora hanno sortito lo stesso effetto stupefacente su di me: “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry e “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” di Luis Sepúlveda.
Sarebbe opportuno che io spendessi qualche parola sull’autrice, ma preferisco che siate voi stessi a “conoscerla” attraverso le sue parole. In calce troverete il link al quale potrete trovare il libro in questione con una breve presentazione di Elisabetta. Torniamo ora alla frase con cui ho aperto questo post: non l’incipit, non l’excipit, solo una delle tanti frasi dense di significato che popolano questo straordinario lavoro. Un volo leggero di un’anima all’interno di se stessa. Fin dal primo rigo del primo capitolo ho capito che si sarebbe trattato di un libro diverso. Direi che è quasi impossibile incastonarlo all’interno di una categoria: è una fiaba, ma anche un racconto, che si trasforma in narrativa per ragazzi con i tratti di un romanzo psicologico, che non rinuncia alla suspense di un thriller, che in alcuni passaggi sembra quasi un giallo, che poi si trasforma in un saggio dalle profonde tematiche… insomma, non mentirei se dicessi che questo libro avrebbe pieno diritto di stare su ogni scaffale di una biblioteca. Qualcuno potrebbe obbiettare che è impossibile per un libro di così poche pagine appartenere a più generi, io risponderei che dopo la lettura de “Gli arcobaleni di Frangettina” si capisce che nulla è impossibile! Cinque brevi capitoli che toccano corde molto sensibili, ognuno affonda (uso questo verbo non a caso) parole importanti in un angolo specifico della nostra oscurità interiore, illuminandolo e mettendoci di fronte ad uno specchio che tante volte abbiamo rifiutato. Elisabetta ha avuto il coraggio di usare il superpotere più potente che esista: la lealtà. È proprio la lealtà nei confronti del lettore che caratterizza quest’opera, già, perché l’autrice, dalla prima all’ultima pagina, non esita a mettersi a nudo mostrando tutte le sue debolezze senza remore, senza omissioni, guidandoci nel percorso, che lei stessa ha affrontato, di trasformazione di queste debolezze in punti di forza. Alcuni dei macro-temi trattati, come il rifiuto, l’ossessione per la perfezione, l’incapacità di apprezzare la bellezza che ci circonda, sono vicinissimi a tutti noi, ma sono purtroppo altrettanto sottovalutati. Elisabetta ci mostra come affrontare questi ostacoli attraverso gli occhi di un personaggio magnifico, un clown, che a sua volta scopre come agire grazie alla “magia” di un semplice (?) naso di spugna. Prima di avviarmi alla conclusione vorrei riportare di seguito una micro-intervista ad Elisabetta a cui sono estremamente grato per aver risposto. Le domande dell’intervista non sono altro che curiosità (forse anche banali) sorte durante la lettura. Prima di proseguire con l’intervista il mio personale suggerimento è quello di leggere prima il libro, ma premetto che non viene rivelato nessun assassino, né ci sono spoiler di sorta.
D. Ciao Elisabetta, ti ringrazio per la tua disponibilità. Oggi parliamo del tuo libro “Gli arcobaleni di Frangettina”. Prima di tutto, però, vorrei una tua definizione di gelotologia dato che viene nominata nella tua biografia.
R. La gelotologia in parole poverissime studia o spiega, o tratta, il potere del sorriso e della risata sulla salute, il mio approccio alla gelotologia si è avviato dal primo momento formativo come clown terapista. Da un anno e mezzo sono clown Frangetta, il naso rosso è molto più che la maschera più piccola al mondo, è uno sguardo, un approccio, una filosofia! Il naso rosso è hic et nunc, è riempire di senso il momento, è passare nelle ferite per meravigliarsi della bellezza della vita.
D. Sarei curioso di sapere cosa fosse quel pastello giallo che hai spezzato.
R. Il pastello giallo spezzato sono tutte le volte che qualcosa di bello mi arrivava allo sguardo e mi giravo altrove, perché presa dal senso del dovere, perché ingabbiata nella mia negatività! Il pastello giallo è il gusto della felicità che, per paura potesse finire, decidevo di non provare proprio a prendere! Il pastello dalla punta spezzata sono tutte le occasioni di felicità che mi sono fatta sfuggire, per ottusità, per paura, per pensare a pianificare un domani, lasciando sfumare l’oggi.
D. Ad un certo punto, a pagina 17, molto presto nell’economia della storia, hai specificato chi fosse Frangettina, mi chiedo perché hai sentito il bisogno di puntualizzarlo così presto, lo avresti detto anche nelle pagine successive, del resto.
R. Ho puntualizzato in maniera martellante che Frangettina è la me bambina che sono tornata a prendere per mano, l’ho voluto fissare come un chiodo sul muro, per guidare i bambini fragili a cui mi rivolgo a identificarsi con me, che non sono un supereroe, né una principessa, ma sono un clown che ha imparato a riderci su, nuotando tra le lacrime e riuscendo a non annegare. Le ferite di quella bambina sono solchi dentro di me che hanno condizionato le mie scelte, i miei sbagli, le mie rinunce e i miei fallimenti, cercare dentro il mio clown mi ha fatto trovare il coraggio di tornare alla fonte di quelle ferite passando in quei solchi, prima strisciando, poi camminando, poi iniziando a volare in una bolla di sapone che mi ha sollevata fino all'arcobaleno che, anche se camminando nella vita a testa bassa, ho continuato a sognare e a cercare.
D. A pagina 40 parli di melodia come insieme di note, perché non armonia?
R. Insieme di note e non armonia, perché nell'immagine visiva dell'armonia vedo una fusione totale, invece l'idea che volevo rendere era un insieme sinergico in cui ciascuna nota mantiene la sua identità forte prendendo per mano l'altra nota.
D. Quando hai iniziato a scrivere?
R. Io scrivo velocemente, senza rimuginare, senza rileggere! Grazie al mio amico di naso che mi ha coinvolto nell'avventura prima della web radio, poi del sito, ho ridato fiducia alla fiamma che avevo sopito, ma che non si era mai spenta! Riattivata la penna non si è più fermata, prima di Natale (2019, N.d.A.) in un mese circa ho scritto i racconti, poi trovato il coraggio a gennaio di sottoporlo alla commissione della casa editrice Erickson e in pochi giorni hanno promosso la proposta! Il Covid ha rallentato la pubblicazione e soprattutto ha “sabotato” la presentazione del libro che mi avrebbe visto nelle classi a leggere ai bambini il libro, a guidarli nelle illustrazioni e soprattutto a riflettere insieme sui temi che affronto.
D. Hai nominato le illustrazioni: disegni semplici, ma di un’efficacia disarmante. Chi è l’autore?
R. Anche le illustrazioni e la copertina sono mie, fatte a penna sul divano di mio fratello e mia cognata in mezzo pomeriggio.
D. Prima di congedarti, una domanda di rito: progetti futuri?
R. Ho già scritto altri 19 racconti e al momento è in progetto farne un libro da pubblicare.
Ringrazio ancora una volta Elisabetta D’Agostino per la gentile e simpatica chiacchierata che mi ha aiutato a capire meglio un meraviglioso libro la cui lettura consiglio davvero a tutti.
Come promesso questo è il link dove trovare il libro.
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